mercoledì 31 luglio 2013

Libro - "L'età dell'innocenza", di Edith Wharton

(recensione di Francesco Anania)
"Ora, rimandando al suo passato, vide in quale profondo solco si fosse sempre lasciato vivere. Quando uno aveva vissuto facendo il proprio dovere, c'era un guaio: che non riusciva più a vivere diversamente. Almeno questo era il punto di vista degli uomini della sua generazione" - Edith Wharton - L'età dell'innocenza 1920. Finito di leggere. La storia di una passione nascosta a tutti. Come cenere di un fuoco, cova nel cuore e negli anni. E basta un guanto bianco lasciato per caso, un portile rivisto anni dopo, e il ricordo torna indietro. Ferite aperte e mai guarite. E poi il finale a Parigi.... Una porta che non si passa.... Una mano desiderata...


lunedì 29 luglio 2013

Film - "Il favoloso mondo di Amelie", di Jean-Pierre Jeunet

(recensione di Rosaria Nastro)

"Il fantastico mondo di Amelie" è un film francese che non è per tutti...perchè non è immediato, non arriva subito al "dunque" ma viene scoperto man mano da questo mondo fantastico che si crea e in qui si chiude la protagonista. È un film che ti apre la mente, che ti fa apprezzare le piccole cose e ti fa vedere come ci sia un muro tra fantasia e realtá ma non esclude che queste due possano vivere insieme. Bello non so quante volte l'ho rivisto...ma ripeto non è per tutti.

Libro - "Il Piccolo Principe", di Antoine de Saint-Exupéry

(recensione di Rosaria Nastro)

Sarà pure un libro vecchio e molti credono che sia per bambini, forse solo per la statura del protagonista, ma per me resterà sempre al primo posto: il piccolo principe, un bambino senza nome, senza etá che è capace di trascinarti in pianeti diversi lontani dalla realtá quanto vicini. Secondo me è un libro da leggere no una sola volta; per me ogni volta è una scoperta diversa, ti insegna il valore di un'amicizia, degli affetti, dei rapporti, la bellezza delle nostre attese, dei tramonti e anche dei nostri deserti. Lo consiglierei agli adulti piú che ai bambini.

domenica 28 luglio 2013

Libro - "Nessuno si salva da solo", di Margaret Mazzantini

E’ un film quello che scivola nella mente del lettore mentre legge l’ultima fatica della Mazzantini. Un racconto preciso e puntuale di quella che è la fine di un amore, che era inizato sotto il migliore degli auspici. Gaetano e Delia, ormai separati, in compagnia di un fardello di ricordi non tutti piacevoli, ma sicuramente loro, si ritrovano una sera a cena assieme. La scena costituisce lo sfondo su cui l’autrice tesserà il tracciato, il percorso, che ha portato i due dall’amore folle al disinnamoramento. Più volte, attraverso le parole o i pensieri dei due o del narratore, con un linguaggio crudo e talvolta anche esasperato, l’autrice indaga su come si sia arrivati fino a quel punto, dov’è che la loro storia si è incagliata, dove le falle che li hanno condotti all’epilogo. Le risposte arriveranno, e arriveranno congiuntamente alle riflessioni che, man mano, prenderanno forma nella testa del lettore, che inevitabilmente si cala in quei personaggi, fino a comprendere come sia difficile distruggere una storia con un niente. I malumori, la pigrizia, la routine: fili di ghiaccio che non si è capaci di sciogliere, portano inevitabilmente alla fine. Per cui chi ama davvero deve scongiurare questo pericolo. E la Mazzantini, senza mai dircelo, ci spiega esattamente come.

Libro - "Le luci nelle case degli altri", di Chiara Gamberale

E' uno dei libri, questo, che mi ha lasciato il ricordo migliore. Scorrevolissimo, ben strutturato, ottima storia, favoloso colpo di scena finale, proprio quando ormai le cose sembrano del tutto assodate.
Un condominio; Maria, un’amministratrice condominiale e il rapporto dolcissimo con sua figlia Mandorla; un padre sconosciuto, di cui il dilemma …scoprirlo o lasciar perdere.. tornerà a più ondate nelle intenzioni della piccola dopo che la madre, in seguito ad un brutto incidente, sarà passata a miglior vita.
Tutti i condomini di quel palazzo, a quel punto, decidono di adottare Mandorla. In questo modo, il lettore viene trascinato in ciascuna di quelle case, di quelle intimità, di quelle storie, mai troppo banali e descritte con tale dovizia di particolari da farci sembrare noti, alla fine, uno ad uno, ognuno di quei personaggi.
Lentamente, ma non troppo… anzi, direi già fin dalla prima pagina, il lettore viene agguantato e succhia quella narrazione con voracità, fino alla fine, quando la verità arriva dritta in faccia come una sberla. Cruda, disarmante e tenera come non la si sarebbe mai immaginata. E si desidererebbe con tutto il cuore, come purtroppo spesso accade, che quel libro continuasse all’infinito..

Libro - "La cucina degli ingredienti magici", di Jael Mc Henry

Fantastico libro, questo. Trama originalissima, dipanata in modo semplice ma, nel contempo, alla scoperta di una realtà complessa e inaspettata. Ginny perde entrambi i genitori in un terribile incidente stradale e, passato il funerale, cerca di consolarsi con l’unico modo che le riesce: cucinare. Così prende delle vecchie ricette manoscritte e inizia a seguirne, passo dopo passo, le indicazioni, finchè l’odore, la fragranza, si diffondono per tutta la cucina e lì… apparire un fantasma. Attraverso queste apparizioni, Ginny verrà a conoscenza di dettagli di vita, della sua vita, che erano ad un passo da lei ma di cui lei non si era mai accorta. E’ bello anche perchè è un libro positivo.. la fissazione di un obiettivo, la cesellatura di certi comportamenti, la reinvenzione di un proprio presente proprio quando questo sembrava essere stato depezzato dalla grave perdita degli affetti più cari e dall’impossibilità, quasi, di cercare nuove risorse dentro e fuori di sé.

sabato 27 luglio 2013

Una recensione dell'autore Francesco Consiglio

Gli scrittori funambolici non sono più quelli di una volta.

Ieri sera, curiosando nel catalogo Rizzoli, mi sono imbattuto in un romanzo, La confessione, che l'editore non esitava a definire: "Imprevedibile e funambolico come il suo autore. Un thriller che ci trascina nel mondo sfavillante dello spettacolo, mostrandoci dall'interno la sua anima nera. Un romanzo che non ha paura di commuovere, di s...tupire e, fino all'ultima pagina, di colpire dove fa più male".
Il modo in cui descrivevano l'autore, "imprevedibile e funambolico", era una calamita di considerabile forza che mi spingeva all'acquisto. Sono andato su Google e ho digitato: "scrittore funambolico". Mamma mia, che risultati: "Luigi Malerba, straordinario scrittore funambolico" (Angelo Guglielmi); Giorgio Manganelli, scrittore funambolico, beffardo, spregiatore del realismo e di ogni retorica "virtuistica" (Filippo La Porta). E poi Aldo Palazzeschi, Italo Calvino, Raymond Queneau. Mi è bastato scorrere questi nomi per sospettare di trovarmi di fronte a un romanzo memorabile. Anche la collana, Rizzoli best, prometteva bene. È quella dove pubblicano autori del calibro di Jeffery Deaver, che ha conosciuto il successo internazionale con Il collezionista di ossa, e Robert Ludlum, uno dei maggiori scrittori statunitensi di romanzi d'avventura e di spionaggio, con oltre 200 mila copie vendute in tutto il mondo.
Ho comprato l'ebook, 12 euro, rinunciando, per lo stesso prezzo, a un volo Ryanair per Barcellona (accidenti al mio amore per i libri, dovrei smettere).
A questo punto vi starete certamente chiedendo perché non vi ho ancora rivelato il nome del funambolico scrittore. Sarà forse che mi piace tenervi sulla corda? Sì, come un funambolo, come Malerba, come Manganelli, come Calvino. Pazientate ancora un poco. Prima voglio farvi assaggiare un po' di quella me… di quella meravigliosa prosa. Siete pronti?
Incipit: "Il corpo senza vita di Enrico Bertini in arte Chico era riverso sul parquet della suite 606, quella che l'hotel Royal di Sanremo riserva esclusivamente agli ospiti più importanti. Quella con vista mare a 1.100 euro al giorno, 500 in più delle camere affacciate sul parcheggio e il campo da tennis".
Commento critico: Oh, cazzo! Ma chi sono quegli scemi che sborsano 600 euro al giorno per sentire il rumore dei motori delle auto che parcheggiano e i colpi sordi delle palline da tennis centrate dalle racchette?
Un frammento: "Anche se la mia carriera è cominciata nella parrocchia di Montesanto, vicino a Firenze, e i miei mi hanno dato un'educazione cattolica io non sono mai stato praticante. E nel tempo mi sono allontanato ancora di più, da anni credo di essere convinto che Dio sia soltanto un'invenzione dell'uomo".
Commento critico: Questo è un folgorante attacco al teismo, al panteismo, ma anche al politeismo e al monoteismo. Che coraggio! Che modernità! Mi viene in mente Diagora di Milo, detto l'Ateo.
E ancora: "La morte era venuta a fargli visita e non aveva chiesto permesso".
Commento critico: Che maleducata!
Concludo, non vorrei infierire: "Sì, mi sento il vuoto sotto i piedi, è una situazione insopportabile e ho bisogno di parlare con una persona di cui potermi fidare davvero. Anzi, mi scusi se ho bussato alla sua porta in piena notte, ma ero sicuro che qui avrei trovato qualcuno che mi avrebbe ascoltato. Ho un unico desiderio prima di domani: raccontare la mia storia".
Commento critico: Sei sicuro che i lettori abbiano voglia di ascoltarla?
Ora ditemi: chi è? Se non l'avete capito, eccovi dei versi tratti dalla sua opera più famosa: "Le luci spente delle due di notte / passa un barbone con le scarpe rotte / la notte qui non è come a Milano / o a Roma, pieno di casino / fra quasi un'ora arriva "La Nazione" / un ferroviere fischia una canzone / una signora senza suo marito / la guardo bene, è solo un travestito".
Ah, l'arte imprevedibile e funambolica di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo!
 
 

venerdì 26 luglio 2013

Libro - "Morte in via Veneto", di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani

Via Veneto, la Dolce Vita. E tutto il loro corredo di immaginario collettivo, di Anite Ekberg e poi Fellini e poi il Doney e poi gli alberghi e i flash dei fotografi. Ma quel ruggente periodo è stato anche altro. E’ stato, ad esempio, anche cronaca nera. In quegli stessi anni in cui un Sogno Italiano prendeva forma e diventava leggenda, proprio in quella strada avvenivano due delitti destinati ad ...entrare nella Storia Nera del Novecento Italiano. Uno è il caso Bebawi, l’altro il caso Wanninger. Curioso, in entrambi le vittime sono straniere: come a voler provare, dimostrare quasi lo spessore internazionale che via Veneto aveva assunto in quegli anni.

Bebawi è un delitto che fa epoca. 1964. Un facoltoso industriale egiziano, giovane e bello, viene trovato assassinato e sfigurato nel suo ufficio di via Lazio. Le indagini portano subito in direzione dei coniugi Bebawi, marito e moglie. Lei è stata l’amante di lui, il marito è quello geloso che l’ha ripudiata, sì, ma la rivuole. E lei, lei, Claire Bebawi, è una donna mozzafiato. Già, ma chi dei due ha sparato? E chi ha versato l’acido per sfigurare la vittima?
Il processo Bebawi è epocale e non solo per i grandi avvocati che si daranno battaglia, da Vassalli a Leone, ma anche per la straordinaria strategia che i due imputati scelgono: accusarsi a vicenda, fino a rendere impossibile decidere alla Corte d’Assise…

Wanninger è un delitto che sembra uscito dalla penna di uno scrittore. 1963. Un grido scuote un palazzo di via Emilia. La portinaia, che sale a vedere, incontra per le scale l’assassino, che la saluta gentilmente. Sul pianerottolo del quarto piano c’è una giovane tedesca, Christa Wanninger, venuta a Roma a cercare una fortuna non ancora trovata e finita in un lago di sangue. Tempo dopo un uomo viene arrestato mentre cerca di vendere ad un quotidiano un falso memoriale sul delitto: è quest’uomo, Guido Pierri, l’assassino?
Oltre questi casi, però, ci sono anche i tanti spunti che ci offre la cronaca nera di quegli anni. Dal napoletano che vende il Colosseo, ai piccoli delitti che avvenivano a Roma, per costruire un affresco della Roma di allora, a 360°. Con una Polizia che aveva quindici automobili e banditi che facevano il classico buco nel muro.
Il tutto basato sull’esame dei fascicoli originali delle due inchieste e dei processi che ne seguirono, materiali originali che nessun altro ha potuto consultare prima di oggi.

Libro - "Zia Mame", di Dennis Patrick


C’ho messo davvero un sacco di tempo per finirlo (a causa di vicissitudini personali) e ora che, finalmente l’ho terminato, posso dire che ..mi ha davvero molto delusa. Nel senso che i presupposti iniziali, va detto, erano buoni per davvero: trama sfiziosa, che lasciava presagire un percorso avventuroso ed affascinante, nonché la strravaganza della protagonista, personaggio che insinuava quasi il desiderio di somigliarle almeno un pò. Invece, dopo qualche episodio simpatico, l’autore si cimenta in una lunga querelle di altre situazioni che, ogni volta in cui si risolvevano, mi lasciavano sempre nello stesso grigiore. Nessuna delle circostanze in cui vengono calati i personaggi cela un risvolto, un insegnamento, uno spunto per riflettere, in cui riflettersi. Mai. Le storie iniziano e finiscono senza un senso, per il lettore, e neppure per i personaggi, che paiono attraversarle con estrema astrazione. E chi ne viene fuori peggio è proprio Zia Mame, che finisce per assumere i connotati di un personaggio che poco ha a che fare con la fantasiosa follia, ma che molto ha di idonna mmatura, esasperata e capricciosa, anche quando le rughe le iniziano a ricamare gli anni sul viso; praticamente, grottesca. Al punto da indurre il lettore (me, almeno) a chiedersi che senso avesse il suo ruolo nella storia. Cioè ..all’inizio avevo immaginato che Dennis avrebbe attinto da lei i colori, l’estrosità, l’originalità. Credevo che la Vita lo aveva sfilato via da un padre autoritario e retrodatato per restituirlo ad un’esistenza stravagante, avvincente. Invece, si scopre che è la reincarnazione di quello che doveva essere stato suo padre alla sua stessa età, se non addirittura più castigato, più castrato, e finisce per fare da balia a quella donna insensata e sprovveduta che è sua Zia. E che alla fine, come se fosse un bel finale.. ma!.. fa per prendersi suo figlio (cioè, il figlio di Dennis, suo pronipote), come se dovesse imprimere anche in lui un bacillo di genialità che …haimè… è mancato a lei per prima.

Libro - "Il linguaggio segreto dei fiori", di Vanessa Diffenbaugh

Perdonatemi, ma non posso non parlarvi di quest’altro capolavoro letterario. Ti rapisce fin dal primisimo istante e ti lascia imbambolato, chiedendoti.. “Ma come? E’ già finito?!”. In ogni istante della giornata vorresti correre a scoprire come si evolveranno le vicissitudini di Victoria, in un perfetto e ben dosato intreccio tra passato e futuro. Ognuno ci si può immedesimare; non perchè sia stato abbandonato o abbia vissuto in un collegio, ma perché, in termini più laterali, il libro tratta il riscatto dalle proprie prigioni, da un passato fortemente condizionante. In tutto questo, un ruolo affatto secondario lo ha il destino, che interviene ad hoc a “sistemare” un pò le cose ed offrire opportunitò.
Insomma, se non si è capito, ve lo consiglio caldamente. E’ un libro bello, e tra le cose che vi lascia c’è anche un dizionarietto del linguaggio dei fiori che – non si sa mai – può sempre tornare utile..

Libro - "La solitudine dei numeri primi", di Paolo Giordano

Le pagine, a mio parere, più significative sono quelle su cui si srotola la similitudine tra i due protagonisti principali e i numeri primi, queste entità matematiche che tanto affascinano l’autore e di cui riesce ad appassionare pienamente anche il lettore.
La storia ti conduce per mano dentro le vite diciamo “particolari” di Alice e Mattia, due ragazzi i cui destini si intrecciano fin dalla tenerissima età e che non riusciranno a sciogliersi neppure con il trascorrere degli anni e la scelta di percorsi che li porteranno a migliaia di miglia di distanza. Perchè sono simili, Alice e Mattia, nelle loro elementari complessità, che possono apparire del tutto incomprensibili alle persone comuni che li circondano, genitori compresi, ma che possono essere facilmente intuite e decriptate dall’altro.
Il libro piace perché scorre rapidissimo, in un fluire delle parole senza intoppo alcuno e perchè sa disegnare con estrema linearità comportamenti che, in realtà, lineari non sono. Il finale, però… Chissà che non sia proprio una precipua volontà dell’autore quella di lasciarlo aperto così, e riprenderlo un domani con una nuova produzione ed una più sorprendente.

Libro - "L'orribile Karma della formica", di David Safier

Finito di leggere questo libro, vi accorgerete di quante volte, durante le vostre giornate vi scoprireste a dirvi “Se faccio questo produco karma positivo… se faccio quello produco karma negativo..“.
A “L’orribile karma della formica” ci ero arrivata facendo, su Google, una ricerca su titoli di libri particolarmente divertenti, e ora non posso far altro che unirmi al coro.
La storia è bella, e ci si entra in un modo talmente convincente da immedesimarsi, di volta in volta, nell’animale di cui si parla. Il susseguirsi di episodi reali e l’intreccio di situazioni paradossali sfociano in una morale trasparente, pulita: chi fa affidamento unicamente sulle proprie doti estetiche, non sempre può sperare in un bel finale. Non solo; spesso succede che si finisce per rendere impossibile la vita anche alle persone che più si amano.
Diversa può essere, invece, la faccenda per quelle persone il cui corpo, quasi ai limiti della decomposizione, dovrebbe gettarle in uno stato non troppo distante dalla frustrazione, e invece sanno coltivare molte altre parti di sé, dall’apertura verso il prossimo alla solarità, la positività, la generosità, l’ironia, un acculturamento di ampio respiro e, non ultima, una sorprendente passionalità sotto le lenzuola.
Il percorso della protagonista è ben costruito, e anche l’epilogo lo è; un epilogo che, in realtà, si trasforma in un nuovo inzio, un Nirvana che poi altro non è che tutto ciò che quella stessa donna aveva prima, ma che allora – sazia della materialità che la contraddistingueva – non aveva saputo apprezzare. Bellissmo libro, ve lo consiglio di cuore..