venerdì 16 agosto 2013

LIBRO - "LE VERITA' INATTESE", di Giuseppe Marletta

(Recensione di Leonardo Miucci)

Ci sono storie che si narrano da sé nel senso che l’autore le ha dentro e non deve fare altro che metterle nero su bianco. Ed è questo ciò che penso dell’ultima fatica letteraria compiuta da Giuseppe Marletta, scrittore di narrativa alla sua seconda esperienza, che con il suo ultimo libro “Le verità inattese” edizioni “C’era una volta” sono certo non tarderà ad imporsi all’attenzione del grande pubblico. Il libro, che è stato presentato il 24 gennaio u.s. presso la Provincia Regionale di Siracusa, ha ottenuto i patrocini gratuiti del comune di Mineo e dell’Assessorato alle Politiche Culturali e del Centro Storico di Roma Capitale. Ma veniamo al romanzo.
La storia ha come sfondo un paesino della Sicilia orientale negli anni ‘60 e ’70 e la trama è incentrata su due protagonisti principali ed altri secondari ma non di minore importanza. Due ragazzi, poco meno che adolescenti che si incontrano tra i banchi di scuola e che il destino farà prima allontanare, poi rincontrare e ancora allontanare e poi… Al centro della storia ci sono i carabinieri della locale Stazione che indagano per un omicidio di una persona, figlio di un ricco e potente imprenditore dello stesso paesino.
L’opera può definirsi di genere giallo, ma solo in apparenza. Certo del giallo ha tutti gli ingredienti: un bell’intreccio, una coinvolgente suspense, una particolare e curata descrizione tecnica degli elementi investigativi e, infine, l’esito delle indagini che costituisce, e non tradisce, il titolo del romanzo la cui attesa nel lettore riesce, come si suole dire, a tenerlo incollato – letteralmente – dalla prima all’ultima pagina. La natura “giallista” (mi sia consentito il termine) è insita nell’autore non foss’altro perché egli è un ufficiale dei carabinieri, attualmente in servizio nella provincia di Parma, e può vantare al suo attivo diverse e diversificate esperienze di natura investigativa.
Ma il romanzo apre, invero, anche ad altre riflessioni. La trama narra le vicende di due famiglie povere, quella di Andrea e Giulia, i due protagonisti principali. I loro padri sono rispettivamente operaio e contadino che sbarcano il lunario grazie alla forza delle loro braccia. Essi, nel momento in cui le condizioni lavorative peggiorano, sono costretti a fare scelte radicali per assicurare il pane alle rispettive famiglie: emigrano in cerca di ulteriori possibilità. E quelle scelte si ripercuoteranno, nel bene e nel male, sui figli che le dovranno, loro malgrado, accettare. Quelle vicende familiari e il susseguirsi degli eventi mettono in evidenza sul piano esistenziale l’assunto di marxiana memoria secondo cui le condizioni umane di ognuno sono dettate dalla ricchezza e dunque, detta in altre parole, la vita di ognuno di noi appare drammaticamente imposta dalle condizioni materiali, cosicché l’uomo, benché reputandosi padrone del proprio destino, non lo è affatto.
E la storia di Andrea e Giulia sembra drammaticamente confermare questa teoria. Ma c’è anche dell’altro. Nella tragica scelta di Giulia ho visto la sua dichiarata accettazione alla vita; vi ho scorto in quella giovane donna una laica Rita da Cascia, che consapevolmente accetta su di sé le sventure della sua famiglia e se ne fa carico.
Devo dire che Giulia è il personaggio che in assoluto mi ha commosso. La tragicità del romanzo e della vita in esso narrata (e d’altronde che cos’è il romanzo se non la narrazione della vita), dunque, è tutta in questa giovane donna che consapevolmente accetta il tragico divenire, sebbene alla fine…
L’autore ha dimostrato di possedere, inoltre, una accurata competenza storica ed una consapevole coscienza civica, oltre che una provata erudizione nel campo dell’arte e della letteratura. Nel dipanarsi della trama, infatti, egli non ha omesso di mostrare, attraverso una concreta dialettica volutamente instaurata tra i vari personaggi in causa, per esempio le atrocità compiute dal regime fascista; gli scempi di una irrazionale opera di devastazione ambientale condotta in nome del progresso scientifico in particolare nella provincia aretusea e le sofferenze che i nostri connazionali dovettero affrontare del tragico fenomeno migratorio verso il Nuovo Continente che segnò l’inizio del secolo scorso. Come si noterà il romanzo è qualcosa di più di un semplice giallo; è un romanzo complesso e poliedrico, ricco di riferimenti storici, sociali ed economici realmente accaduti. Particolarmente curata è nel libro la descrizione architettonica delle chiese del paesino dove ha luogo la storia, e molti sono i riferimenti alla letteratura russa, francese e italiana, in particolare quella che fa capo al clima del Neorealismo francese e Verismo italiano col quale la trama sembra avere specifiche e dirette affinità.
Un ultimo breve riferimento mi sembra doveroso farlo alla scrittura di Marletta. Essa è assolutamente coinvolgente, capace di tenere fermo il lettore sulle oltre 480 pagine e farlo attendere in attesa che gli eventi si dispieghino. Dimenticavo un aspetto importante: è un bel romanzo, leggetelo!


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